Storia geologica di Sant’Antioco: La catastrofe che ha formato l’isola

Se chiedete a un vulcanologo che cosa è un’eruzione piroclastica, può darsi che si perda in tecnicismi assai poco suggestivi, oppure potrebbe (alla Mario Tozzi) dilungarsi sull’aspetto catastrofico di queste terrificanti eruzioni. Queste eruzioni, caratteristiche di un vulcanismo acido (cioè molto ricco in silice e alluminio e povero in ferro e magnesio, denso, scarsamente disposto a rinunciare ai gas che vi sono disciolti) sono frequentemente e fortemente esplosive. Il che significa l’implicazione di enormi quantità di energia, che viene liberata proiettando grandi quantità di ceneri, polveri, lapilli, bombe vulcaniche (enormi blocchi pesanti anche qualche tonnellata che vengono lanciati sino a centinaia di metri di distanza), che spesso fanno andare in briciole lo stesso cratere, e “nubi ardenti” (o ignimbriti), nuvole di materiale gassoso misto a polveri incandescenti in grado di fuoriuscire dal cratere di un vulcano e di rotolare sino alle sue pendici ad altissima velocità, con temperature di 700-800 gradi C e in grado di incenerire qualunque cosa incontrata lungo il suo cammino. Esagero?
Nel maggio del 1902 il vulcano “la Pelée”, alto poco meno di 1400 m sull’isola di Martinica nelle Antille, entrò in eruzione, esplose, e una nube ardente rotolò verso valle e verso il mare, avviluppando e incenerendo la città di St Pierre. Morirono trentamila persone, tutti i suoi abitanti tranne due (pradossalmente, uno era un prigioniero rinchiuso nei sotterranei del carcere, e che sarebbe dovuto morire giustiziato il giorno stesso. Ironia del destino). Oppure, più classicamente, pensiamo all’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., che seppellì Pompei, Ercolano, Portici e Stabia per oltre diciassette secoli.
Ecco, la maggior parte delle eruzioni vulcaniche che venti milioni di anni fa costruirono buona parte della nostra bella isola di Sant’Antioco, era di questo tipo. A testimoniarlo non semplici lave basaltiche, tranquille e fluide (che pure esistono, es. presso Portu Sciusciau), o anche riolitiche, più vivaci e iraconde (come quelle nei pressi del paese, vedi “su Concai de is Pirixeddus)… ma ignimbriti, rocce derivanti da violente attività esplosive, presenti soprattutto nella parte meridionale (ma non solo). Da qui le brecce vulcaniche di Turri Canai, le ignimbriti quarzotrachitiche di Cala Sapone o di Cala Grotta.
Osservate queste rocce a Sant’Antioco. Cercate di notare le strutture di flusso, che ricordano i movimenti di masse fluide che scendono verso il mare, formando strutture circolari, vorticose, rimaste fossilizzate dopo il raffreddamento e il consolidamento dei materiali eruttati (da qualche ora a qualche settimana). Flussi lavici che ribollivano ed esplodevano fragorosamente a contatto con le acque di quel lontano e primordiale mare. Provate a immaginare come doveva presentarsi la nostra isola in quel periodo lontano, quando mancavano ancora milioni e milioni di anni a che i primi esseri umani vi sbarcassero e vi fondassero i primi nuclei stabili. I nostri antenati. Che cosa vi fa venire in mente tutto questo?

di Mauro Carta, tratto da Sant’Antioco nel Mondo.

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